lunedì 10 maggio 2010

“U.O.P.A. – Unione Ossolana Per l’Autonomia – La storia di un sogno” di Uberto Gandolfi

U.O.P.A. Unione Ossolana Per l’Autonomia

La storia di un sogno

Un libro di storia che si legge come un articolo di cronaca. “U.O.P.A. – Unione Ossolana Per l’Autonomia – La storia di un sogno” di Uberto Gandolfi rivive in 182 pagine fitte di dati e documenti, l’avventura del movimento che più di trent’anni fa accarezzò il sogno della costituzione di una regione autonoma dell’Ossola e della Valle Cannobina sulla base del precedente dei 40 giorni della repubblica partigiana del 1944 e del contenuto dalla Carta di Chivasso.

Idea che era sicuramente all’avanguardia per il tempo in cui venne concepita, ma che ha gettato un forte seme nella pianta dell’autonomia, tant’è che il segretario federale della Lega Nord, Umberto Bossi, nella prefazione al testo scrive senza mezzi termini “Se non ci fosse stata l’Uopa non ci sarebbe stata neppure la Lega”.

Forse nessuno meglio dell’autore avrebbe potuto esprimere meglio quanto accadde in quegli anni: Uberto Gandolfi è figlio di chi fu fondatore dell’UOPA e, successivamente, consigliere ed assessore provinciale a Novara, prima della sua premature scomparsa, e sin dal giovanissimo ha respirato l’aria dell’autonomia Ossolana.

Con la meticolosità dello storico e la chiarezza d’esposizione giornalistica Gandolfi rivive le tappe della storia dell’autonomia Ossolana e la trasformazione dell’Uopa da movimento politico in movimento d’opinione andando a spiegare gli effetti che ebbe a livello nazionale (l’influenza sulla creazione della Lega Nord), provinciale (le istanze provenienti dal basso hanno portato se non alla creazione della regione autonoma quanto meno alla nascita della attuale Provincia del VCO) e locale (lo sblocco di lavori pubblici attesi da anni, come la continuazione da Vercelli dell’autostrada sino a Gravellona Toce, la superstrada da Gravellona sino al confine svizzero, lo scalo internazionale Domo 2).

Dalla lettura, poi, si evince chiaramente quanto poco in Ossola, terra incuneata nel territorio della Confederazione Elvetica, fosse sentito il rapporto con Torino ed il Piemonte, essendo preferito quello, invece, alla Lombardia sentita più vicina, e non solo geograficamente.

La vicenda dell’UOPA, ora che è entrata nella storia a pieno titolo, merita una ulteriore riflessione: l’Ossola e gli Ossolani, negli anni Settanta, come era avvenuto durante la Guerra Civile, avevano saputo creare un precedente.

Quella dell’Ossola è stata ed è, tra le Repubbliche partigiane, quella che ha avuto la maggiore longevità e ha lasciato un segno più profondo.

La lotta dell’autonomia degli anni Settanta/Ottanta è stata lo scatto d’orgoglio di una popolazione che ha lasciato, anch’essa un segno profondo nella pianta della crescita dei movimenti autonomisti.




In entrambi i casi, però, le istanze ossolane non sono state sufficientemente supportate dell’esterno.

Certamente quello della Regione Autonoma dell’Ossola, sul modello trentino o valdostano, era forse un sogno troppo grande, ma la comunità piemontese non supportandolo, o quanto meno non facendo nulla per cercare di capirlo e di comprendere quali fossero le ragioni che spingevano Corradini e gli altri fondatori dell’Uopa nella battaglia per l’autonomia, ha perso allora un’occasione.

Il Piemonte – e l’Ossola, nonostante le nostalgie lombardofile, gli appartiene geograficamente ed amministrativamente da molti anni – è in realtà un sistema composito che non è oggi una delle regioni trainanti del dibattito sul federalismo e l’autonomia. Lombardia, Veneto, Sicilia sono tra le regioni che hanno espresso sin qui posizioni più avanzate.

Questo dibattito lo si può riprendere oggi portando avanti un’istanza regionalista che vada a trovare il suo perfezionamento nella concessione dello Statuto Speciale per la regione subalpine.

Potrà forse apparire fuori tempo massimo ma è sicuramente un obiettivo che consentirebbe all’intero “Sistema Piemonte”, una volta raggiunto, di affrontare la sfida della globalizzazione senza avere un braccio legato dietro alla schiena.

Ma per guardare al futuro occorre anche conoscere il passato e fare tesoro degli errori e delle realizzazioni che sono state effettuate.

Ecco perché, dunque, per capire le radici del pensiero autonomista occorre leggere attentamente il libro di Gandolfi.

Massimo Iaretti

Presidente Movimento Progetto Piemonte

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